Il viaggio di Elisabetta Farnese
Domenica, 16 settembre del 1714, nel Duomo di Parma, veniva celebrato il matrimonio per Procura tra Elisabetta Farnese e Filippo V, re delle Spagne.
Francesco
Farnese, Duca di Parma, zio e patrigno della sposa, per aver sposato
la vedova del fratello, fungeva da Procuratore, in assenza del Re.
Elisabetta
aveva allora 22 anni, mentre il marito Filippo V ne contava 31 e nel
febbraio di quell’anno era rimasto vedovo, con 2 figli.
Il matrimonio
tra i due era stato “combinato” dal Cardinale Giulio Alberoni,
allora semplice prelato, che alla corte di Madrid aveva convinto la
settantaduenne Principessa Orsini, assai influente sull’ animo del
Re, delle virtù “casalinghe” di Elisabetta.
La Orsini,
per poter mantenere saldo il suo potere sul Re e di fatto fare il
bello e cattivo tempo alla Corte di Spagna, era alla ricerca di una
nuova regina che fosse una donnetta dolce e remissiva, senza
ambizioni, nè pretese.
L’Alberoni,
a quel tempo inviato del Duca di Parma a Madrid, con l’aiuto di
salsicce, fiaschi di vino, tortelli, formaggi che faceva arrivare da
Parma, era diventato un confidente dell’Orsini che ben volentieri
lo accoglieva nelle sue stanze per assaporare tante prelibatezze.
A lui la
Principessa confidava di essere alla ricerca di una sposa per il Re,
ma di non trovarne con le qualità da lei volute. Così un giorno,
con noncuranza, come se la cosa non lo interessasse, lo scaltro
prelato parlò della presenza a Parma di una giovane e bella
principessa. Una ragazza provinciale, docile e remissiva, dedita ai
lavori di cucito, amante della cucina: una nullità, insomma.
La Orsini
cadeva ben presto nel tranello tesogli e, malauguratamente per lei,
dopo uno scambio di ritratti, convinceva il Re a scegliere come sposa
la principessa parmigiana.
S’accorgerà
a sue spese, l’Orsini, che Elisabetta, pur provenendo da una
piccola e modesta Corte, non era tutta “formaggio e butirro”, ma
conosceva diverse lingue, era una provetta amazzone, era
indipendente, possedeva un caratteraccio: insomma una piccola peste
in miniatura.
*
Terminati gli
sponsali, Elisabetta si tratteneva per qualche giorno a Parma e il 22
settembre, dopo che era giunta notizia dell’arrivo nella rada di
Sestri Levante delle galee e dei vascelli spagnoli, con il suo
seguito si metteva in viaggio per il porto ligure da dove avrebbe poi
affrontato il viaggio, via mare, per raggiungere la Spagna e il
marito.
Il lungo corteo, preceduto
dal bagaglio della regina portato da 60 muli, fece tappa a Carona,
nei pressi di Fornovo.
Il mattino
seguente (23 settembre), il corteo riprendeva il cammino per
raggiungere Borgotaro.
Nonostante il
Duca avesse fatto da tempo appianare le strade, con l’apertura
anche, a forza di scalpello, di un sentiero sul fianco della Rocca
Murata, il viaggio fu talmente disagevole che il corteo giunse a
Borgotaro in piena notte, tanto che la Regina decideva di
trascorrervi anche l’intera giornata del 24.
A Borgotaro
veniva ospitata nel palazzo Boveri, la cui facciata veniva abbellita
con ornamenti a stucchi in cocciopesto rappresentanti stemmi
gentilizi e prodotti del territorio.
All’interno
di questo Palazzo avvenne, da parte del Duca, la giuridica consegna
di Elisabetta al Cardinale Acquaviva, della quale consegna stese il
rogito il Marchese Santi.
A ricordo di
questo passaggio la comunità borgotarese farà erigere in onore
della Regina un monumento che resta ancor oggi l’unico in Europa.
Il 25
settembre il corteo ripartiva, diretto al Passo delle Cento Croci,
estremo confine del Ducato con la Repubblica di Genova, mentre la
Duchessa madre veniva costretta a restarsene a Borgotaro per evitarle
un viaggio faticoso
Al passo,
sotto un ampio padiglione, la Regina si separava dal Duca e prendeva
congedo dalla Corte Ducale. Veniva così presa in consegna dal
Cardinale Acquaviva, con l’assistenza di rappresentanti della
Repubblica ligure.
Nei giorni
precedenti, in una lettera indirizzata al Capitano di Chiavari, il
Doge, con “prudenza” tutta genovese, scriveva: “…abbiamo
deliberato di darvi l’incombenza dell’accomodamento delle strade
che dal detto monte portano a Sestri…vi avvertiamo però che tale
accomodamento doverà seguire con quel maggior risparmio che sarà
possibile e con l’avvertenza di non far fare lavori né di picconi,
né di calcine, mentre la nostra mira è che l’adattamento sol
basti per il detto passaggio…”
La sera di
martedì 25 settembre, Elisabetta giungeva a Varese Ligure e il dì
seguente a Sestri.
Qui sostava nei giorni 27, 28 e 29,
ospitata nel Palazzo di Gio Carlo Brignole, dove numerose Autorità
liguri l’ossequiarono regalandole anche 24 cassette contenenti “i
più squisiti dolci, cioccolatte soprafino, acque odorose, essenze
rare e delicate, preziosi ricami, rilievi d’oro e d’argento”.
All’alba di domenica 30 settembre
s’imbarcava su una galea del Duca di Tursis, ove a poppa assistiva
alla Messa, per dirigersi verso Genova, dove approfittando del
fondale più adatto sarebbe salita su uno dei vascelli, per
proseguire verso la Spagna.
A Genova, la
piccola flotta giungeva alle ore 21. Un viaggio breve, ma reso
difficile, forse, dalle cattive condizioni del mare.
In una lettera datata 2
ottobre, inviata a Madrid al proprio ambasciatore Francesco M.
Grimani, il Doge scriveva: “ Ha Sua Maestà molto patito il mare
nel detto suo viaggio da Sestri a Genova nel quale fu obbligata a
mettersi a letto et ancora presentemente se ne risente trovandosi
tuttavia alquanto incommodata e pare che da ciò abbia preso motivo
per cambiare risoluzione e di fare il viaggio per terra…”
E aggiungeva
anche che l’improvvisa decisione di sostare a Genova aveva messo in
non poca apprensione la Repubblica “onde noi appena ricevutane
la notizia d’un giorno solo avanti il suo arrivo, femmo, nonostante
l’angustia del tempo, preparare in S. Pier d’Arena l’alloggio
per la Sua Maestà e suo seguito con tutt’il comodo e decoro
possibile”.
In effetti
Elisabetta non ne volle sapere di proseguire il viaggio via mare.
Proprio il
giorno 9 ottobre scriveva alla madre: “Ieri fui a Genova a
visitare le Ceneri di San Giovanni Battista…questa mattina sarà la
mia partenza per terra verso la Francia. Ieri l’altro s’affogarono
in mare qui nel porto 8 o dieci persone…cosa veramente miserevole”.
Ciò
preoccupava grandemente le autorità genovesi che si vedevano
costretti ad organizzare in tutta fretta un viaggio via terra che
presentava non poche difficoltà…e spese.
Il giorno 9
ottobre, alle 17, Elisabetta partiva quindi per Arenzano, dove
pernottava e il giorno 10 giungeva a Savona alle ore 22.
L’11
seguente arrivava nel Marchesato di Finale Ligure, dove veniva
ospitata nel Palazzo del Governatore, il 12 trascorreva la notte
Calizano, per arrivare poi ad Alberga la mezzanotte di sabato 13.
Domenica 14
entrava in Alassio, quindi a Porto S .Maurizio da dove partiva
soltanto il giorno 17 per giungere a San Remo e quindi a Ventimiglia,
ultima tappa sul suolo italiano(18 ottobre).
La Repubblica
di Genova aveva così cessato dall’obbligo che si era assunta di
provvedere all’accompagnamento della Regina fino all’ultima città
di confine.
*
A Madrid, nel
frattempo, erano sorte non poche perplessità sulla decisione di
Elisabetta di compiere il viaggio via terra.
La decisione
rischiava di mandare all’aria tutti i piani e il programma che alla
Corte di Spagna erano stati preparati.
Mentre la
Regina abbandonava la Liguria per entrare in Francia, a Madrid già
fervevano infatti i preparativi per riceverla, tanto che
l’Ambasciatore Grimaldi aveva scritto: “…si calcola che
possa comparire in questi Regni nel mese di ottobre ed è allora
dubbio ove si porterà S.M. il Re ad incontrarla”.
E ancora il
15 ottobre nuovamente scriveva: “Ha sorpreso ed al pari
disgustato questa Corte l’avviso che si hebbe sabbato a notte con
corriere straordinario di costì, di essersi mareggiata così
fortemente la Regina nel piccolo viaggio da Sestri a Genova, che si
era perciò risoluto di farle proseguire il viaggio per terra. Si
sono immediatamente spediti gli ordini alla Casa Reale che già stava
aspettandola ad Alicante”.
Non sono
pochi quelli che fanno risalire alle pressioni esercitate dal
Cardinale Alberoni, la decisione di Elisabetta a proseguire il
viaggio a piedi.
Se da una
parte è comprensibile la ripulsa per un viaggio via mare, da parte
di chi al primo impatto ha subito dei…danni, meno comprensibile
diventa la lentezza e la tortuosità del viaggio per terra. Quasi che
la Regina volesse, a bella posta, accrescer vieppiù il desiderio del
giovane Re di incontrare e conoscere la sua sposa che mai aveva
veduto se non riprodotta in un ritratto certamente “ritoccato”,
come s’usava allora.
Lento e
tortuoso, si diceva, il cammino, cui s’aggiungeva a volte il
silenzio sulla situazione.
E’ del 5
novembre una lettera da Madrid del solito Grimani che scrive: “Per
lo spatio di due intiere settimane non si hebbe qui alcun avviso del
viaggio della Regina, il che diede motivo a tutte quelle riflessioni
che potevano differire l’arrivo del corriere straordinario.
Comparve questi finalmente mercordì a notte colla notizia di essere
giunta felicemente la M.S. in Antibes il dì 21 che vale a dire in
altrettante giornate di quelle in cui si era da principio divisato il
viaggio”
E ancora
aggiunge: “Si seppe aver allungato in prima il camino…et
essersi indi contra le prime disposizioni trattenuta un giorno e
mezzo a Nizza”.
E finalmente
un accenno al Re: “…intanto il Re impaziente delle
dilazioni....si è dato pace nel supposto in cui stava che a
quest’ora dovesse la Regina essere già vicina ai confini di questi
Regni”.
Ma torniamo a
seguire il viaggio, dopo la partenza da Ventimiglia.
Le tappe in
terra di Francia furono Nizza, dove prolungava la sosta; Antibes,
dove giungeva il 21 ottobre e poi si sa che fu a Marsiglia il 26.
Si perdono
poi le tracce dei suoi spostamenti e soltanto da una lettera del 19
novembre si veniva a sapere che giovedì 8 di quel mese era giunta a
Montpellier.
A questo
punto in Spagna cresceva la confusione. Si temeva che le nevi
invernali potessero impedire alla Sposa di valicare i passi dei
Pirenei, e di conseguenza diventava impossibile decidere dove la
corte e il Re dovessero andare per incontrarla sul suolo spagnolo.
La
Principessa Orsini, dal canto suo, cominciava a capire di essere
stata ingannata dall’Alberoni, il quale sempre più di rado andava
a farle visita e le leccornie di un tempo erano diventate un ricordo.
Ma quello che
preoccupava maggiormente l’Orsini erano le notizie che trapelavano
sulle abitudini della Regina.
Il solito
Grimani, in data 26 novembre, scriveva: “Non è più giunto
altro avviso della Regina Sposa dopo quello che si hebbe a
Montpellier e secondo le apparenze e non senza sentimento del Re,
sarà il di Lei viaggio molto più dilatato di quello che si
supponeva. Alla mattina per quanto dicesi vuole alzarsi da letto
assai tardi, onde sentita la Messa anticipa il pranzo e cammina di
poi solamente una mezza giornata”.
Il 22
novembre veniva segnalata a l’Isle-Jourdain, il 23 a Gimond e il 24
e 25 ad Auch e il 26 a Mirande, quindi a Pau, ai piedi dei Pirenei.
E ancora il
13 di dicembre scriveva: “ Nei giorni passati si ebbe l’avviso
dell’ingresso della Regina in Ispagna, avendo passato i Pirenei il
giorno 9”.
In precedenza
il Re aveva sollecitato l’Alberoni perché andasse incontro alla
Regina per convincerla ad allungare il passo, ma il prelato con la
scusa di una indisposizione aveva preferito attenderla a Pamplona.
L’incontro
avveniva l’11 dicembre. I due s’intesero a meraviglia: Lei voleva
godere la vita di Corte, sognava già di andare a caccia tutto il
giorno, era giovane e piena di entusiasmi, il prelato desiderava
salire molto in alto e manovrare la politica di Spagna all’ombra
della Regina.
Nel frattempo
fervevano i preparativi per ricevere la Regina.
Il programma,
fatto e rifatto decine di volte, prevedeva che l’Orsini e la Corte
l’incontrassero a Guadalajara il giorno 23, mentre il Re avrebbe
dovuto sostare ad Alcala e una volta informato dell’arrivo della
regina, l’avrebbe raggiunta il giorno seguente a Guadalajara.
Ma ancora una
volta Elisabetta decideva diversamente, così l’Orsini doveva
portarsi a Jadraque, dove arrivava anche l’Alberoni che precedeva
di qualche ora il corteo della Regina. Il prelato viene subito
convocato dalla Principessa.
E’
l’Alberoni stesso a descrivere in una lettera l’incontro:
“…appena entrato nella Camera della Dama venne questa ai
soliti rimproveri sopra il viaggio e sopra la risoluzione presa dalla
Sua Maestà di rendersi a Guadalajara il 24…Alla Orsini questo
ennesimo “detour” non piace minimamente…”.
E aggiunge:
“…mi disse che le qualità di questa Regina erano ben diverse
da quello che avevo io rappresentato, mentre ogni sua azione era
ridicola, e che sino il suo mangiare da paesana faceva conoscere la
leggerezza del suo spirito e la povertà del suo talento”.
Per L’Orsini
sono giorni neri, per giunta la poveretta non sa che la Regina,
addestrata ad arte dall’Alberoni, giungerà intimamente prevenuta
nei suoi confronti.
Alle ore 20
arrivava Elisabetta. L’Orsini già piuttosto stizzita dal
comportamento dell’Alberoni e dai dispacci tutti negativi avuti dai
suoi informatori, scendeva le scale del palazzo come se la Regina
fosse lei e non la ragazza appena arrivata.
Comunque le
due si abbracciarono, poi l’Orsini mostrava alla Regina le stanze
dell’appartamento preparato appositamente per lei.
Scrive ancora
l’Alberoni: “Appena Sua Maestà e la dama furono nella camera,
questa venne ai soliti rimproveri e in certo modo alle minacce,
credendo fosse bene far prova se si potesse in principio intimorire
una principessa giovane…”
Inoltre
l’Orsini faceva capire a Elisabetta che il sovrano aveva piena
fiducia in lei, tanto da averle affidato la scelta della sposa e
chiedeva quindi la confidenza della regina assicurandola che fra il
Re e lei vi sarebbe stata la sua fedeltà di principessa per
mantenere le cose nello stato in cui dovevano essere.
A questo
punto, Elisabetta urlava: “Tacete! Tacete! Uscite subito di
qui!”
Le urla da
carrettiere ferivano a morte l’Orsini; mai in vita sua aveva subito
un tale trattamento. Pregava quindi la Regina di moderarsi.
Elisabetta su tutte le furie gridava: “Arrestate questa pazza!”
Cercava
quindi l’Alberoni, il quale in anticamera, sornione, non aveva
perso una parola del colloquio.
“Chiamate
il luogotenente delle Guardie”.
Alberoni
s’inchina…Era già tutto pronto.
Non appena si
presentò Amenzaga, la Regina, indicando l’Orsini: “Arrestatela.
Preparate una carrozza e conducetela alla frontiera con 50 guardie di
scorta. Lasciatele soltanto una cameriera e un lacchè, tutti gli
altri domestici siano imprigionati”.
Davvero
inaudito! E tutto questo senza sentire il parere del suo sposo.
Quando la
notizia dell’accaduto arriva a Filippo, per poco non gli prendeva
una sincope. Poi, dava l’ordine di sospendere il viaggio
dell’Orsini per non esporla, in pieno inverno, ad un viaggio
pericoloso per la sua salute. La scorta armata così si fermava prima
dei Pirenei, ma per poco.
Non appena la
sposa poté incontrare il re, lo prese in disparte e gli sussurrò
qualcosa all’orecchio. Quindi si ritirarono nelle stanze private. A
lungo si è favoleggiato su quel primo incontro durato fino al
pomeriggio seguente, quando partiva un ordine perentorio: “L’Orsini
dovrà proseguire il viaggio ed uscire definitivamente dalla Spagna”.
La Regina
aveva conquistato il Re. L’Alberoni diventerà Primo Ministro e poi
Cardinale.
In seguito,
lei vorrà trovare un regno per i suoi due figli avuti da Filippo,
lui(Alberoni) sarà preso da manie di grandezza. Insieme combineranno
molti guai, regalando all’Europa anche alcune guerre…ma questa è
tutt’altra storia e noi convien che qui ci fermiamo.
Giacomo
Bernardi
Pubblicato in "Storia di Parma dalle origini ad oggi La città dal 1500 al 1750" a cura del Lions Club Parma Ducale in collaborazione con l'Archeo-Club"(2001)
Foto: Ilario Spolverini: L'arrivo di Elisabetta a Borgotaro.
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