Adelardo Dosi, nobile pontremolese, s’era alzato di buon
mattino e dopo aver scelto il miglior cavallo s’era avviato per la strada che,
attraverso il passo del Brattello, conduceva a Borgotaro. Era atteso dalla
famiglia Bertucci per via d’un matrimonio ch’era in programma tra rampolli delle
due nobili casate.
Il marchese Dosi aveva ben presto lasciato alle sue spalle
Pontremoli e stava inerpicandosi lungo le pendici del monte Cucco. La giornata
era bella anche se in alto il crinale era avvolto, come capitava spesso, da una
densa foschia.
Dopo un’ora di marcia il nobile pontremolese si trovò tra una
fitta e umida nebbia. Valicò comunque senza problemi il Brattello e cominciò a
scendere con qualche difficoltà verso il Borgo: la strada, ora, altro non era
che un sentiero battuto.
D’un tratto s’accorse di non essere più sulla giusta strada.
Stava infatti da qualche tempo camminando con il suo cavallo in un bosco di
faggi che non ricordava d’aver mai attraversato durante i suoi viaggi.
Voltò il cavallo e provò a ritornare sui suoi passi. Finì in
un canalone, mentre la nebbia sempre più s’infittiva.
Pensò allora che l’unica soluzione fosse quella di scendere
comunque di quota ed uscire così dalla nebbia che solitamente ristagnava
soltanto sul crinale.
Decise quindi di seguire la direzione di un piccolo corso
d’acqua ben sapendo che nel Taro o nel Tarodine sarebbe andato sicuramente a
finire.
Poco dopo uscì dalla nebbia e si ritrovò in un bosco di
castagni secolari. Non riusciva a trovare punti di riferimento in grado di
orientarlo, ma tutto ormai era più facile. Spronò il cavallo e affrettò il
passo: rischiava, ormai, di far tardi.
Improvvisamente vide in lontananza una casa e ad un centinaio
di metri un contadino che stava lavorando di zappa.
Si avvicinò e gridò, con l’arroganza del nobile: - Ehi!
Dove mi trovo?
- Ai Vighini – rispose il contadino continuando a
cavar patate.
- Mi vuoi indicare la strada per
Borgotaro?
Il contadino cercò di spiegarsi, ma forse perché non
aveva grande dimestichezza con la lingua italiana, o perché impressionato da
quell’apparizione improvvisa, fece un poco di confusione.
Allora il pontremolese temendo di far tardi chiese: - Puoi
accompagnarmi?
- Non posso – rispose il contadino – devo terminare
di cavare le patate.
- Se tu m’accompagni a Borgotaro ti darò cinque
scudi.
- Vi ho detto che non posso. Devo finire questo
lavoro.
Il marchese provò a cambiar tono: - Belle quelle patate.
Me ne vendereste un sacco? Vorrei donarle alla persona che mi ospiterà al
Borgo.
- Ben volentieri – rispose il contadino.
- Quanto vuoi di un sacco?
- Per un sacco, cinque scudi, signore.
- Va bene eccoti cinque scudi. – disse il pontremolese
– Però come faccio a portarle a Borgotaro? Mica posso arrivare dai conti
Bertucci con un sacco in spalla.
- Per quello ci penso io, signore. Non è da tutti i giorni
prendere cinque scudi.
Il contadino riempì il sacco con calma, se lo caricò sulle
spalle e cominciò a scendere verso il Borgo. Il marchese Dosi lo seguiva a
cavallo.
In un baleno furono a Grifola, poi giù a San Rocco.
Quando furono sul ponte che metteva al Borgo, il Marchese
disse: - Ora che mi hai guidato fino a Borgotaro, apri il sacco e getta le
patate in Taro.
- No signore – disse il contadino – le patate sono
le sue, le ha già pagate.
- Non me ne importa niente delle tue patate. Ti avevo
offerto cinque scudi perché tu m’ accompagnassi lungo la strada e non hai
accettato. Per la stessa somma hai finito poi per darmi delle patate e fare la
strada con un gran peso in spalla. Ora ho avuto quel che volevo: le patate
gettale in Taro.
Il contadino slegò il sacco, a malincuore gettò le patate e se ne tornò a casa.
Da: Giacomo Bernardi: Leggende della Val di Taro, 2006
Illustrazioni di Mario Previ
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