venerdì 13 settembre 2013

5-STORIA DEL CALCIO BORGOTARESE

Nel volume "Taro-Taro. Storia del calcio borgotarese dai primordi al 1973", sono presenti molte schede dedicate ad atleti e personaggi del nostro calcio
IL PERSONAGGIO
Johnny Dorà
Nella storia del calcio borgotarese vi è più di una leggenda. Ma non v’è dubbio che, tra le tante, quella legata alla figura di Johnny Dorà sia la più ricordata.
Dorà era per natura un fantasista, nel senso che gli riuscivano le cose più difficili.
Giocoliere nato, sapeva far sparire monete, destar meraviglie al biliardo, giocare scherzi indimenticabili.
Queste doti lo resero anche un grande giocatore di calcio. Alto, segaligno, nei suoi lunghi soggiorni in Scozia aveva imparato il gioco del foot-ball riuscendo a innestare nella sua fantasia tutta latina, la solidità e la concretezza dello stile britannico.
Ben presto la fama di questo brillante giocatore borgotarese giunse all’orecchio dei dirigenti del Parma tanto che, nel 1925, decisero di chiamarlo per farlo giocare in una partita di Coppa.
Allora era possibile rafforzare la squadra con elementi provenienti da squadre minori. Dorà accettò soltanto dietro pressione degli amici che desideravano vederlo impegnato, come meritava, in una grande squadra, tanto che i dirigenti parmensi per convincerlo gli promisero anche un orologio d’oro.
Nel corso della prima partita contro una squadra austriaca, Dorà si presentò in campo con i mutandoni all’inglese, sollevando sarcasmo tra i tifosi parmensi che non mancarono di riprenderlo con il fatidico e poco originale grido: “montan”.
Ma non sapevano d’aver a che fare con un tipo per nulla disposto ad accettare insulti. Così, in modo polemico, Dorà rispose con una specie di sciopero bianco: svirgolava palloni a bella posta, ogni tanto si estraniava dalla partita disinteressandosi degli avversari.
Al termine del primo tempo il Parma era sotto di un gol e nell’intervallo gli amici borgotaresi lo avevano avvicinato invitandolo a reagire in altro modo, a far vedere cosa sapesse fare. Erano stufi dei commenti pesanti dei parmigiani.
Riprendeva la partita. Dorà sembrava trasformato. Dopo dieci minuti si impossessava della palla nella sua metà campo, superava di fila quattro avversari, entrava in area a lunghe falcate, superava anche il portiere che gli era andato incontro, e giunto sulla linea bianca della porta ormai sguarnita, mentre gli applausi scrosciavano, si fermava.
Sarebbe bastata una spinta alla palla per pareggiare, ma Dorà stava meditando la sua vendetta. Lasciava la palla sulla linea bianca, si voltava e si avviava tranquillamente verso gli spogliatoi. I parmigiani non sapevano come reagire: chi imprecava, chi applaudiva, chi lo giustificava, chi lo fischiava. Tra lo sbigottimento generale, Dorà e compagni, poco dopo, se la svignavano dallo stadio.
Ma non è tutto: infatti in Piazza Garibaldi i parmigiani potevano ancora godersi lo spettacolo di alcuni giovanotti che allegramente prendevano a pedate un orologio d’oro che rotolava da un piede all’altro, per finire poi con un ultimo calcio del campione nel greto del Parma.
Qualche tempo dopo, mentre sui giornali si parlava dell’interessamento del Bologna e dell’Inter, Dorà se ne tornava in Scozia.
La sua leggenda era ormai stata scritta.

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