SU IN VALTARO
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Con questa pubblicazione, noi dell'Associazione Emmanueli,
volevamo mettere in evidenza che anche nel corso di una guerra dura e tragica
come quella di resistenza, ci furono episodi che misero in evidenza la parte
"buona" delle persone, la loro umanità, quasi a dimostrare che la "pietà" non
era del tutto morta.
La pubblicazione, uscita nel 1978, e da anni esaurita, conteneva sette
episodi, quattro dei quali con la mia firma, accompagnati da disegni di Mario
Previ |
Tagliatelle... alla
tedesca
Il terzo
Il mazzo di fiori
Un bagno...di
sudore. |
1 - Tagliatelle ...alla tedesca

I cinque partigiani scendevano allegri il pendio. La sera precedente il
vecchio Molinari, che solitamente portava notizie dal Borgo, aveva affermato che
giù in paese c'era calma e, a parte, rivolto al figlio Nello aveva detto: -
Domani la mamma vuol preparare le tagliatelle di castagnaccio, vi aspettiamo.
Puoi portare anche qualcun altro.
Così i cinque partigiani, armi in mano, stavano scendendo verso il Borgo.
In testa camminava Nello, lo seguivano i fratelli Zulù, Arabo, Gino e il
cognato Veloce. Un'ora di cammino a piedi distava il paese, ma a vent'anni i
passi sono svelti e la strada scema con rapidità.
Già si scorgeva la Madonnina e l'Ospedale e...dopo un poggio: ecco Borgotaro.
Era sempre uno spettacolo vederlo dall'alto, ma Nello non lasciò agli altri il
tempo di soffermarsi e da uomo pratico qual era disse: - E' bene che ci
dividiamo, arriveremo a casa uno alla volta. Per primo entrerà Zulù, quindi
Arabo, Gino e in fine Veloce: io seguirò per ultimo.
Zulù s'avviò subito distanziando gli altri. Scese per via Ronchi, attraversò
Piazza Farnese e infilò Via Corridoni. Nella strada non c'era anima viva e in
poco tempo fu all'altezza del portone n.60.
Entrò, salì velocemente i due gradini e aprì la porta di casa Molinari. La
mano di Zulù rimase bloccata sulla maniglia. Tutto poteva aspettarsi meno che
vedersi davanti due tedeschi seduti al tavolo.
La situazione era, a dir poco, imbarazzante. Zulù aveva il vantaggio di
possedere un'arma, i tedeschi le avevano deposte a qualche metro di
distanza.
Ruppe il silenzio l'involontario responsabile di ciò che stava accadendo:
Bergamo. Era costui parente della famiglia Molinari, un tipo strano, orfano in
giovane età, allevato dai Molinari. Aveva, in seguito, girato alcuni paesi
europei; conosceva diverse lingue, compreso il tedesco, e aveva per questo
familiarizzato, durante quel periodo, con i tedeschi che presidiavano la
stazione ferroviaria di Borgotaro. Proprio quella sera, dopo aver incontrato i
due militari, aveva loro detto: - Facciamo un salto da mia zia a mangiare
qualcosa, poi usciamo.
Ora, seduto al tavolo, stava invitando Zulù ad entrare.
S'era appena accomodato, senza abbandonare l'arma, Zulù, quando s'udì di
nuovo aprire la porta: era Arabo. Si ripeté la scena precedente, con il solo
mutamento che Arabo, pur sorpreso, notò Zulù seduto accanto ai tedeschi e
anch'egli si accostò al tavolo.
Mamma Molinari, superato lo spavento, abbandonò un attimo il fornello e
chiese al nuovo arrivato: - Non viene Nello? -Sì- rispose Arabo - sarà qui da un
momento all'altro. E rivolto a Bergamo: - Dì a quei due che arriveranno altre
persone.
Nel volger di pochi minuti, infatti, arrivarono anche gli altri.
Mamma Molinari scodellò le tagliatelle. Servì per primi i tedeschi, i quali
si guardarono bene dall'iniziare a mangiare. - Sono educati, i miei figli di
solito, appena hanno il piatto pronto, non aspettano davvero gli altri -, pensò.
Ma, riempiti tutti i piatti, le forchette dei tedeschi rimasero inerti sul
tavolo.
Nello capì: avevano paura. Prese una forchetta, l'infilò nel piatto di un
tedesco, ne trasse delle tagliatelle e le ingoiò con rapidità. Una risata
generale sciolse il ghiaccio e tosto tutti, tedeschi compresi, si diedero di
buona lena a trangugiare l'appetitoso piatto.
Sul tavolo stava un fiasco di quel vino da noi detto "vinello" o "vinetta".
Disse Nello al padre, che ancora non aveva parlato: - Vai a prendere un fiasco
di quelli buoni che ci risolleviamo un poco.
Papà Molinari s'alzò, contento forse di potersi muovere un poco e tornò con
il fiasco. Versò da bere ai due tedeschi e disse: - Vino buono! Bere! - e si
fermò alle loro spalle con il fiasco in mano, già pregustando i commenti. I
tedeschi fecero finta di non capire e Bergamo dovette ripetere l'invito nella
loro lingua.
I due si guardarono l'un l'altro, distolsero lo sguardo, quindi posarono gli
occhi sui commensali. Ancora un gelido silenzio scese sulla strana tavolata.
Cosa mai potevano aspettarsi quei due da una famiglia che dopo averli invitati,
faceva trovare al tavolo cinque partigiani armati? Qual era il significato di
tutto ciò?
Papà Molinari stava ancora alle spalle dei tedeschi con il fiasco in
mano.
- Pà - disse Nello in dialetto, - vèrsa chi!. Appena n'ebbe di quel vino
vuotò d'un fiato il bicchiere. Allora i due tedeschi lo imitarono e tra un sacco
di "Jahvol" ripresero con gli altri a mangiare le tagliatelle.
La cena proseguì senza altri inconvenienti. S'accese una discussione e a
Bergamo, quasi come pena per la sua leggerezza, toccò di riportare or all'uno
ora all'altro, nelle rispettive lingue, i discorsi che s'infittivano man mano
che il livello di un secondo fiasco andava scemando.
Solamente vi fu un poco di tensione allorché uno dei due tedeschi, dopo aver
mandato a quel paese il Fhürer, prese la sua arma e fece l'atto di spezzarla sul
ginocchio. Intervennero i Molinari pregandolo di desistere da un atto che
avrebbe potuto provocare gravi conseguenze.
Alla fine i tedeschi s'alzarono, raccattarono le loro armi e dissero: -
Domani noi portare zucchero e olio per ringraziare. Si salutarono ed ognuno andò
per la sua strada, dalla parte che il destino, a volte bizzarro, aveva loro
assegnato, forse da tempo. Domani sarebbero stati nemici, le armi e non le
tagliatelle avrebbero prevalso.
Il giorno seguente i due tedeschi non si fecero vivi. Due giorni dopo Bergamo
fece il solito giro alla stazione. Parlò con qualche tedesco e seppe che i due
amici di quella serata non si trovavano più a Borgotaro....
P.S. Nello Molinari è Nello dal Zainu, gli altri i fratelli e il cognato Aldo Feci
Da: Giacomo Bernardi, Su in Valtaro, Ass. Emmanueli, 1978. Disegni di Mario Previ
2 - Il ...terzo
I corpi vennero prelevati dalle scale che erano servite da barella e adagiati
ai piedi del muro di cinta del cimitero di Baselica.
Era sera, non c'era più
tempo per una sistemazione definitiva; quelli della frazione avrebbero
provveduto, in seguito, come altre volte, alle casse, alla funzione religiosa e
al seppellimento.
Le salme erano due: un partigiano e un tedesco.
Dal gruppo di partigiani, una ventina circa, si levò una voce che dopo aver
pronunciato quattro nomi, disse: -
Vi fermerete voi quattro. Due veglieranno
i morti e due staranno di pattuglia per tutta la notte. Domattina rientrerete.
Fate attenzione, al comando si pensa che dopo i fatti di oggi possa esserci una
puntata dei tedeschi. Ci vedremo domattina.
Sarà stata la colpa
dell'oscurità, della stanchezza, o d'altro, ma quando il gruppetto di partigiani
si fu allontanato, i rimasti s'accorsero d'essere in tre anziché in
quattro.
-
Fa lo stesso,- disse
Scambio -
ci arrangeremo in
tre. Due di pattuglia e uno qui con i morti.
-
Io non me la sento di
restare solo vicino al cimitero - interloquì un partigiano -
Preferisco
andare di pattuglia.
-
Se non avete niente in contrario - tagliò
corto
Scambio -
mi fermerò io.
L'accordo fu raggiunto. Le due
salme vennero accuratamente coperte con dei panni militari.
Scambio
dispiegò una terza coperta, se l'avvolse a foggia di tabarro e si sedette
appoggiando le spalle al muro del cimitero.
Gli altri due lanciarono un breve
saluto e sparirono nel bosco di castagni.
La notte non era fredda, si era
alle soglie dell'estate, anche se dai vicini boschi giungeva un'aria frizzante
che aiutava
Scambio a restare sveglio.
Intorno il silenzio più
assoluto, solo qualche grido d'uccello notturno e più tardi uno scricchiolare di
foglie, forse provocato dall'andare di un riccio.
Due volte
Scambio
maneggiò per arrotolare una sigaretta, osservò il lento procedere delle
stelle, poi la stanchezza ebbe il sopravvento: si allungò sull'erba, si coprì
completamente con la coperta e s'addormentò.
A vent'anni, tanti ne contava
Scambio, il sonno è di solito profondo. Quanto tempo abbia dormito non lo
si può dire.
Si risvegliò disturbato da alcune voci. Il torpore del
dormiveglia, quando ancora non si distingue tra sogno e realtà, non gli permise
di alzarsi subito.
Gli giunse però distinta una voce che diceva: -
Ma
reverendo dovevano essere due i morti, invece sono tre.
A questo punto fu chiaro a
Scambio che si trattava dei frazionisti
incaricati di provvedere alle due salme.
Sollevò quindi la coperta che
l'avvolgeva interamente e...fece appena in tempo a vedere, all'incerto chiarore
dell'alba, due uomini e un prete che se la davano a gambe giù per la
stradicciola, spaventati dall'improvviso agitarsi del
terzo...cadavere.
Scambio si alzò, s'inoltrò nel bosco in cerca dei
due amici di pattuglia. Lanciò qualche richiamo, finché ottenne
risposta.
Poco dopo i tre s'incontarono.
Scambio raccontò
l'accaduto.
-
Si sta facendo giorno, - disse uno dei tre -
dobbiamo
rientrare, più tardi quelli della frazione torneranno.
La proposta fu
accolta e i tre s'incamminarono.
Testimonianza resami da Severino Costa(Scambio)
Da: Giacomo Bernardi, Su in Valtaro, Ass. Emmanueli, 1978. Disegni di Mario Previ
3 - Il mazzo di fiori
Vorrei essere un
fiore
e tu venissi
piano,
a cogliermi, e
spiccarmi
e mi tenessi in mano.
Nel giugno del 1944, le formazioni partigiane della Valtaro avevano portato a
compimento il loro piano ambizioso: la liberazione dell'intera valle.
Nel maggio precedente c'era stato, nella zona, un vasto rastrellamento da
parte dei tedeschi, ma le forze partigiane si erano sottratte, come d'incanto,
al nemico subendo poche perdite, per riformarsi subito dopo decise più che mai a
riprendere la lotta.
Anzi si può dire che l'azione dei tedeschi avesse
rafforzato l'idea della Resistenza, tanto che, nel mese successivo, nuovi
giovani si erano arruolati nelle formazioni partigiane contribuendo a renderle
più forti.
Già sul finire del maggio, appena passata l'orda tedesca, le
formazioni erano passate al contrattacco.
Il 29 maggio venivano infatti
disarmati i presidi militari tedeschi posti nei caselli ferroviari n.61 e 62
sulla linea Parma-La Spezia.
Il 5 giugno veniva attaccato e disarmato il
presidio fascista della stazione ferroviaria di Borgotaro.
Alcuni giorni dopo
era la volta dei presidi situati al passo del Bocco e alle Pezze di
Borgotaro.
Il 10 giugno, nei pressi del ponte sull'Occhiello(tra Pontolo e
Baselica) veniva assalita una corriera di militi fascisti.
Veniva nel
frattempo occupata la stazione ferroviaria di Ostia, sabotato il ponte
"parabolico" e danneggiato un lungo tratto di binario sotto la galleria del
Borgallone, tra Ostia e Borgotaro.
Il giorno 14 veniva liberata Bedonia e il
giorno successivo Borgotaro.
15 giugno 1944: Borgotaro è nelle mani delle formazioni partigiane. Alcuni
distaccamenti rimangono sui passi a presidiare la valle interamente liberata, ma
a Borgotaro c'è notevole confusione.
Presso l'albergo Appennino sono riuniti
i capi. Fuori sostano i partigiani ancora increduli per quanto hanno saputo
osare: è il primo giorno di relativa calma, che segue ad una settimana di
scontri violenti. Amici che da tempo non si vedono, si salutano e si scambiano
notizie, impressioni...aria di festa, insomma.
All'improvviso, proveniente da
chissà dove, un'auto militare s'accosta all'albergo. Sono tedeschi! Non fanno
nemmeno in tempo ad estrarre le armi che dieci, venti mani li bloccano e li
portano all'interno dell'albergo. L'automezzo viene nascosto.
Tra la
notevole, comprensibile confusione, qualcuno si organizza: se un automezzo ha
forzato il blocco, altri ne potrebbero giungere.
Gruppi di partigiani, armi
in pugno, risalgono via Piave.
Un gruppo con mitraglia s'apposta presso
l'edificio scolastico, altri nel giardino della casa di fronte.
Ed ecco
spuntare, su dalla curva in fondo a via Piave, un secondo automezzo tedesco.
Giunto all'altezza del palazzo delle scuole viene crivellato da raffiche di
colpi. L'automezzo procede ondeggiando fino a giungere comunque davanti
all'albergo Appennino.
Anche qui un fitto crepitio di armi automatiche: chi
spara dal giardino, chi dall'albergo, chi dal viale.
L'auto tedesca,
nonostante tutto, procede e finisce la sua corsa all'inizio del ponte di San
Rocco.
Terminata la confusione ci s'accorge che un partigiano è rimasto a
terra presso un platano. Morto!
E' Remo Dallara(Esonero), anni 19: il
primo caduto del Libero Territorio del Taro.
A sera parte un camion con sopra
le salme di Remo e di un tedesco. Percorre la strada Borgotaro-Berceto e giunto
all'altezza di Baselica, si ferma.
Alcuni partigiani depongono le salme sopra
due scale e cominciano una lenta e triste marcia verso il cimitero di
Baselica.
16(o 17) giugno: nella chiesa di Baselica si stanno svolgendo le
esequie.
In chiesa giacciono le due salme: Don Alessio Tozzi ha appena
terminato l'omelia, quand'ecco una donna precipitarsi all'interno e gridare: -
Stanno arrivando i tedeschi!
Farsi trovare con un partigiano, sia pure morto,
era cosa assi pericolosa a quei tempi; la presenza, poi, di un tedesco ucciso
dai partigiani complicava maledettamente le cose.
Già il caratteristico
ticchettio degli stivaletti preannunciava imminente l'apparire dei
tedeschi...
In chiesa calava il più assoluto silenzio...s'apre la porta e
nello stesso momento un mazzo di fiori, l'unico, vola dalla salma di
Esonero e va a posarsi, in qualche modo, sulla salma del tedesco.
Un
ufficiale tedesco avanza deciso verso l'altare: si ferma presso la salma di
Esonero, guarda quindi la salma del connazionale con quel mazzo di fiori
mal collocato, ma che dimostra pur sempre la profonda umanità delle persone lì
presenti.
L'ufficiale si guarda in giro...scruta quella gente, solo il pianto
di mamma Dallara rompe il silenzio. A lei in quel momento non interessa altro
che Remo, il figlio non ancora ventenne che giace lì davanti. Forse non aspetta
altro che andare con lui...
L'ufficiale tedesco è ancora lì, immobile
davanti alle salme, è ancora indeciso...in fondo alla chiesa, armi in pugno, sta
una decina di tedeschi in attesa di un cenno.
All'improvviso l'ufficiale si
china, toglie dalla salma del tedesco la piastrina di riconoscimento, l'intasca,
quindi retrocede di due passi e saluta militarmente con un energico battito
degli stivali.
Compie un rapido dietro-front, ripercorre deciso l'intera
navata ed esce seguito dagli altri tedeschi.
Don Alessio Tozzi riprendeva le
esequie...
Testimonianza resami dalla famiglia Dallara.
Giacomo Bernardi, Su in Valtaro, Ass. Emmanueli, 1978. Disegni di Mario Previ
4 - Un bagno... di sudore
Nell'estate del '44, il distaccamento
Dallara della 1a Brigata Julia
si trovava dislocato in località Agnidano nei pressi di Baselica.
Si
componeva di circa cinquanta partigiani sotto il comando di
Gomel.
I
collegamenti con il comando di Brigata, situato sull'opposto versante della
valle, nei pressi di Caffaraccia, venivano assicurati con l'ausilio di staffette
le quali, spesso, dovevano attraversrare zone "calde" con possibilità di
incontri poco piacevoli.
Un giorno di quell'estate, presso il comando di
Brigata, si trovava il partigiano
Formentino ch'era lì giunto con un
messaggio inviato da
Gomel, Comandante del distaccamento.
Attendeva la
risposta da parte del Comandante Dragotte per poi ripartire. Verso sera venne
chiamato e il comandante gli disse: "
Ecco la risposta. Per questa notte però
ti fermerai, già ho dato l'ordine di provvedere: partirai
domattina".
Formentino fu contento delle disposizioni del Capo:
poteva così trascorrere una serata con gli amici che da tempo non vedeva.
C'erano fatti da raccontare, qualche coro e molte risate...
Più tardi, quando
si coricò, mentalmente ripassò la strada che avrebbe percorso il mattino
seguente. Si trattava di andare ad Agnidano; bisognava scendere in fondo valle,
attraversare la linea ferroviaria Parma-La Spezia, guadare il Taro e risalire
quindi l'opposto versante ove correva la rotabile Borgotaro-Berceto. Due orette
di strada, in tempi normali, ma la parte mediana del percorso, quella in
corrispondenza del fiume, andava affrontata con grande cautela. Lungo la linea
ferroviaria e la strada Borgotaro-Berceto che correvano parallele e vicine al
Taro, sia pure su sponde opposte, era facile imbattersi in pattuglie nemiche e
poi c'era il Taro da guadare...un tratto completamente scoperto, facilemente
controllabile....
*
Verso le sette del mattino Formentino si mise in marcia. La
giornata si prospettava bella: dal Molinatico baluginava però un sole che
lasciava prevedere caldo e afa.
Per ripidi pendii, or tra boschi or per
radure, scese Formentino e si trovò presto su un poggio dal quale poteva
osservare la sottostante ferrovia.
Ora doveva discostarsi leggermente dalla
direzione di marcia, allungando, sia pur di poco, il percorso perché presso
l'entrata della sottostante galleria vi era il casello ferroviario n.60
presidiato notte e giorno da una decina di tedeschi. Costoro si erano sempre
limitati alla sorveglianza della ferrovia e mai si erano spinti all'interno
della zona partigiana. Per non farsi sorprendere da possibili imboscate
notturne, i tedeschi avevano perimetrato una zona attorno al casello con un filo
di ferro, al quale avevano appeso barattoli, bottiglie, lamiere e altri aggeggi
capaci di produrre rumori al minimo contatto, in modo da richiamare la loro
attenzione.
Formentino deviò, quindi, per qualche centinaio di metri
dalla naturale direzione di marcia, attraversò la ferrovia e rapidamente si
precipitò verso il Taro, il cui greto era poco lontano.
Ora si sentiva più
sicuro tra i fitti cespugli di salici che lì nascono spontanei, numerosi e alti.
Avanzava con fatica, ma si sentiva tranquillo; lo "stein" gli serviva per farsi
strada in quel groviglio di rami.
Sentiva ormai lo scorrere delle acque del
Taro quando, all'improvviso, oltrepassato un ennesimo e aggrovigliato
cespuglione, si trovò allo scoperto...con un tedesco di fronte che gli stava
puntando l'arma.
Alle spalle di quello, quattro o cinque tedeschi,
completamente nudi, stavano bagnandosi nel fiume.
Erano quelli del casello
ferroviario!
I due si fissarono a lungo negli occhi. Entrambi avevano l'arma
puntata.
In acqua i tedeschi si erano irrigiditi in attesa di una decisione
ch'era nelle mani di quei due che si fronteggiavano.
"Non so dove presi il
coraggio, - mi dirà Formentino - ma avevo capito che solo la calma poteva
darmi ua possibilità di salvezza".
Dall'acqua giunse una frase, forse un
ordine.
Il tedesco voltò le spalle al partigiano e depositò l'arma a
terra.
Formentino guadagnò rapidamente la riva del fiume, giuntovi
osservò che la situazione non era cambiata: i tedeschi in acqua erano sempre
immobili, l'altro sempre fermo con l'arma a terra. Volle strafare: con l'arma
sotto un braccio tenne a bada i tedeschi e con la mano libera cominciò a
togliersi gli scarponi. Quindi lentamente guadò il fiume.
Al di là
l'attendeva un tratto di erta abbastanza ripido con alberi e cespugli.
Giunto
a riva fu però preso dal panico, corse velocemente per una decina di metri e si
gettò a terra.
Tornò quindi a riguardare verso il fiume.
S'accorse, non
senza un sospiro di sollievo, che la paura non stava solamente da una
parte...vide infatti che i tedeschi, vestiti sottobraccio, stavano abbandonando
velocemente il fiume e risalivano verso il casello
ferroviario.
Formentino s'infilò gli scarponi, s'attardò un poco per
recuperare fiato, calma e coraggio, e riprese a salire.
Giunse ai piedi della
scarpata della rotabile Borgotaro-Berceto. Si trattava dell'ultimo ostacolo; al
di là si sarebbe sentito tranquillo.
S'acquattò in attento ascolto prima di
compiere l'ultimo balzo. Gli parve d'udire un lontano rumore, forse era solo la
paura cagionata dalla tensione precedente.
Rimase comunque fermo. Dopo alcuni
minuti gli giunse chiaro e inequivocabile il rombo d'un motore...passò un
automezzo...poco dopo un altro e poi un terzo ancora.
Formentino non
si permise di alzare la testa, ma ormai era sicuro: si trattava di una colonna.
Un automezzo si fermò. Udì delle voci. Non erano vicinissime, forse un centinaio
di metri, forse meno, sì da giungere comunque al suo orecchio: erano
tedeschi.
Si spostò piano piano e s'addentrò tra ortiche e cespugli di rosa
canina che ricoprivano un tombino stradale. La faccia, le mani non ne potevano
più, ma il pericolo era troppo grande.
Dalla strada si poteva vedere il
casello ferroviario ed sarebbe quindi stato possibile uno scambio di notizie tra
i due gruppi. Avrebbe potuto trovarsi bloccato su due fronti...
Ciò non
avvenne e s'udì finalmente l'avvio di un motore.
Formentino uscì allo
scoperto, attraversò la strada e s'incamminò verso la montagna.
Il viso
recava i segni delle ortiche, gli spini non si contavano; ma in alto si vedeva
ormai il campanile di Baselica e da là giungevano lenti i rintocchi del
mezzogiorno.
Si fermò all'ombra di un albero, tolse gli spini più
superficiali e ripartì. Era in ritardo, ma all'ora di pranzo avrebbe avuto
qualcosa da raccontare.
(Testimonianza resami da Ercole Bazzani
- Formentino)
Da: Giacomo Bernardi, Su in Valtaro, Ass. Emmanueli, 1978. Disegni di Mario Previ